L’eccellenza come consapevolezza

Nel 2020, quando durante la pandemia gli eventi erano “banditi”, ho intrapreso un percorso per definire, strutturare, posizionare e comunicare la Colloi Plus. Il primo step è stato fare un’analisi per capire lo stato di fatto, ciò che eravamo e stavamo facendo, il percorso realizzato e la visione di dove volevamo andare.

Ricordo un brainstorming per scegliere le key words da legare al nostro brand; gli aggettivi più proposti erano magico, unico e speciale, mentre le parole ricorrenti erano passione, creatività ed eccellenza.

È proprio su quest’ultima che voglio soffermarmi. L’eccellenza è una parola meravigliosa che viene spesso utilizzata come sinonimo di perfezione. In realtà è un concetto più complesso. L’eccellenza non è un livello stabilito di qualità su risultati quantificabili. È una dinamica in costante cambiamento basata sul raggiungimento della migliore prestazione nelle circostanze date, cercando un miglioramento continuo.

 

Già nell’antica Grecia a.C. Aristotele definiva: “L’eccellenza è un’arte ottenuta attraverso l’addestramento e l’abitudine. Noi non agiamo bene perché abbiamo virtù o eccellenza, ma abbiamo piuttosto queste due perché abbiamo agito correttamente. Noi siamo ciò che facciamo ripetutamente. Eccellenza, allora, non è un atto, ma un’abitudine”. Se una persona è geniale, creativa, intraprendente una sola volta o raramente, il suo comportamento è circostanziale e non naturale. E perché diventi tale, deve entrare nel bagaglio delle sue abitudini.

 

Trovo che l’eccellenza sia analoga alla felicità: ci si avvicina con fatica e pazienza e, una volta raggiunta, non la si può conservare ma va costantemente coltivata. La ricerca dell’eccellenza infatti è un lavoro quotidiano. Raggiungere l’eccellenza in ciò che facciamo richiede impegno e passione. Esiste una differenza importante tra ciò che facciamo con uno sforzo minimo e ciò che saremmo in grado di fare con maggiore dedizione. Anche se l’eccellenza sembra lontana, il solo fatto di volere qualcosa e agire di conseguenza ci fa già avanzare per raggiungerla. Inoltre l’interesse e lo sforzo hanno più valore.

Quando sappiamo che stiamo facendo bene qualcosa, la sensazione di piacere si amplifica. Citando la scrittrice Pearl Buck “Il segreto della gioia nel proprio lavoro è contenuta in una parola – eccellenza. Sapere come fare bene qualcosa significa goderla”, si può addirittura dire che l’eccellenza raggiunge un piano spirituale, di soddisfazione e sviluppo personale.

 

Raggiungere il riconoscimento attraverso l’eccellenza è il modo più nobile per riuscirci. Ogni mestiere esige, nella sua specificità, conoscenze, abilità, doti, capacità, professionalità. L’eccellenza è un’alchimia di passioni ed inclinazioni, di attitudini ed esercitazioni, di errori e soluzioni, di sconfitte e vittorie, di progressi ed intuizioni. Alzare questa asticella personale è un’espressione di integrità interiore, passione e un forte senso di fare la vera differenza.

 

Tuttavia a volte può essere frustrante e doloroso quando i risultati iniziali sono lontani rispetto a quanto ci si aspetterebbe. L’eccellenza diventa dunque un esercizio di intelligenza e pazienza, che premia coloro che hanno sufficiente resilienza per fare un passo oltre le difficoltà.

Mi vengono in mente gli atleti che, per raggiungere i massimi livelli, devono sottoporsi a costanti sacrifici, a perenni allenamenti per perfezionarsi in ogni movimento, in ogni gesto, lavorando su ogni dettaglio.  Perché l’eccellenza si misura proprio nelle piccolezze, nelle sfumature, nei minimi particolari che, essendo l’esito di una qualità ed una cura, di una passione e conoscenza, sfuggono alle sue pseudo-imitazioni sempre superficiali, approssimative, scenografiche ma prive o carenti di contenuti.

 

Se agire con eccellenza significa dare sempre il meglio di sé, l’eccellenza ci obbliga ad avere consapevolezza di ciò che facciamo.

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