Lavorare con grandi chef e con la ristorazione in generale, è per me una buona scuola per imparare l’arte dell’accoglienza. Penso di non esagerare nel chiamarla arte. L’accoglienza eleva la qualità del servizio, valorizza i piatti degli chef, scalda un posto meraviglioso, rende magico un evento.
Un modo di porsi ospitale, empatico e capace, stupisce, predispone l’umore e fa stare bene. Un ospite accolto da uno staff che lavora con il cuore e che mostra un sincero interesse per il suo benessere, facendolo sentire il destinatario di esclusive accortezze e cure, si sentirà speciale e tornerà a casa felice ed appagato.
Allo stesso modo, un buon event manager deve predisporre i propri collaboratori. L’empatia e la gentilezza sono elementi determinanti.
L’empatia aiuta a comprendere gli altri, a instaurare buoni e positivi rapporti. Regola il flusso delle emozioni evitando che condizionino in modo significativo le azioni. Facilita così la cooperazione nell’ambiente lavorativo.
La gentilezza, non solo intesa come buona educazione, garbo o buone maniere, è uno strumento potente che rende ottimisti e fa star bene. La gentilezza è un valore che porta energia positiva e rende il team efficiente e produttivo. Se preservata e coltivata, permette di creare intorno a sé “un mondo a cui le persone desiderino appartenere”.
Tornando alla ristorazione, un bravo oste è colui che con naturalezza e un sorriso, fa sentire chiunque il benvenuto. Lo accoglie con gioia, gli rivolge sorrisi e attenzioni.
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